Quanti buoni pasto si possono cumulare per pagare la spesa?

Quanti buoni pasto si possono cumulare per pagare la spesa?

I buoni pasto sono cumulabili ma quanti se ne possono usare contemporaneamente?

I buoni pasto sono dei ticket che fungono da servizio sostitutivo di mensa. La loro erogazione da parte dell’azienda non è obbligatoria ma molte realtà scelgono di corrisponderlo volontariamente come benefit.

Esistono varie tipologie di buoni (buoni cartacei, buoni elettronici e buoni digitali) che un’azienda può scegliere ed erogare ai propri dipendenti per acquistare pasti pronti o per fare la spesa.

Chi li usa può cumulare i buoni pasto per raggiungere la cifra necessaria per pagare i generi alimentari o i servizi di ristoro. Non ci sono norme che vietano l’utilizzo di più buoni in contemporanea, ma ci sono dei limiti. La legge infatti prevede un massimo di 8 buoni pasto utilizzabili nello stesso momento.

Nei prossimi paragrafi vedremo meglio la normativa che regola la cumulabilità dei buoni pasto e i massimali di esenzione.

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Buoni pasto come funzionano?

Il buono pasto è un ticket che permette ai lavoratori di acquistare generi alimentari. Tale benefit aziendale ha il fine di conciliare il tempo lavorato con il tempo speso per la preparazione e per la consumazione dei pasti principali. Infatti, il ticket restaurant è a tutti gli effetti un servizio sostitutivo di mensa che ha, sia per aziende che per dipendenti, innumerevoli vantaggi fiscali

Il ticket pasto è nominale, non cedibile a terzi e utilizzabile solo entro la data di scadenza. Esiste la possibilità di recuperare i buoni pasto scaduti ma ciò richiede una procedura specifica. Leggi qui per scoprire di più sui buoni pasto in scadenza.

I buoni si possono accumulare?

I buoni pasti sono accumulabili, nel senso che si possono mettere da parte più buoni. Non c’è un limite a voucher si possono accumulare, basta utilizzarli prima della scadenza.

Un altro discorso è la cumulazione dei ticket pasti, cioè il poter utilizzare più ticket nello stesso momento. Nonostante ciò si possa fare, esiste un limite alla cumulabilità dei buoni. Vediamo la normativa buoni pasto nel prossimo paragrafo.

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Ticket elettronici cumulabili: quanti ticket si possono utilizzare in una volta sola?

Prima del 2017 i ticket buoni pasto non erano cumulabili e si poteva utilizzare un solo ticket pranzo per transazione. In caso ci fosse stata un’eccedenza, il dipendente avrebbe dovuto integrare con il proprio denaro.

Con l’uscita del decreto ministeriale 7 giugno 2017 n. 122 (lettera d del comma 1 dell’articolo 4), è stata abilitata la cumulabilità dei buoni pasto fino al massimo di 8 per transazione. Come si legge nel decreto 112/17: “il buono pasto non è cedibile, né cumulabile oltre il limite di 8 buoni, né commercializzabile o convertibile in denaro, può essere utilizzato solo se datato e sottoscritto dal titolare”.

La normativa sull’utilizzo di più buoni contemporaneamente e il relativo trattamento fiscale sono stati chiariti successivamente dall’Agenzia delle Entrate nel 2019.

Il divieto di cumulo oltre gli 8 buoni non incide sulla defiscalizzazione e sulla deducibilità dei ticket. I massimali di esenzione riguardano solo l’erogazione dei ticket da parte dell’azienda ai lavoratori.

A prescindere dal numero di buoni utilizzati in una sola transazione, questi saranno deducibili come stabilito dall’articolo 51 del TUIR. Il datore di lavoro non si deve occupare del numero di buoni che un dipendente presenta in cassa. Sarà l’esercente che vigilerà sul corretto uso dei buoni pasto. Clicca qui per scoprire pro e contro per gli esercenti convenzionati.

Il datore di lavoro deve però verificare il valore buoni pasto nominale che eroga, in quanto erogare un valore nominale superiore ai limiti di esenzione previsti significa dover pagare le tasse sull’eccesso. Ma quali sono i massimali di esenzione del buono pranzo? Vediamolo nel prossimo paragrafo.
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Normativa buoni pasto: limiti di esenzione

Il buono pasto è un benefit aziendale e perciò gode di una normativa fiscale di favore. Fiscalmente parlando, il dipendente o il collaboratore che riceve i buoni pasto non è soggetto a tassazione Irpef o a contribuzione Insp.

L’azienda inoltre può dedurre l’intero costo ai fini Irap, Ires e Irpef e di detrarre al 100% l’IVA. Tutto ciò perché il valore dei buoni pasti, quando rispetta determinati limiti, non è considerabile reddito da lavoro dipendente.

Ma quali sono i limiti di esenzione entro cui i buoni sono defiscalizzabili e non soggetti a tassazione? Ciò dipendente dalla tipologia di buono erogato. Vediamole tutte nel dettaglio:

  • Buono Pasto Cartaceo: il buono pasto in versione cartacea si presenta come un biglietto all’interno di un carnet. Per pagare basta presentarlo agli esercenti al posto dei contanti o della carta di credito. Tale versione è soggetta a sgravi fiscali entro 4€ al giorno per dipendente.
  • Buono Pasto Elettronico: in questo caso il dipendente riceverà una scheda simile ad un bancomat che utilizzerà per pagare all’esercente convenzionato. Tale versione è soggetta a sgravi fiscali entro 8€ al giorno per dipendente.
  • Buono Pasto Digitale: la versione full digital si presenta con un’app dove l’azienda carica l’importo dovuto e da cui il dipendente può pagare. Tale versione è assimilata a quella elettronica è quindi è soggetta a sgravi fiscali entro 8€ al giorno per dipendente.

Apprendistato, tirocinio, stage e buoni pasto: a chi spettano

Apprendistato, tirocinio, stage e buoni pasto: a chi spettano

I buoni pasto devono essere corrisposti anche agli stagisti, ai tirocinanti e in apprendistato? Tutta la normativa per aziende

I buoni pasto sono dei voucher deducibili e defiscalizzati erogati dalle aziende ai propri dipendenti con cui è possibile acquistare generi alimentari o pasti pronti in bar, tavole calde, ristoranti e in altre tipologie di esercenti convenzionati. Sono la soluzione ideale per fornire un reale supporto alla propria forza lavoro e per migliorare la propria immagine aziendale. Ma per apprendistato, tirocinio, stage e buoni pasto come funziona? Sono obbligatori?

In questo articolo vedremo la normativa buoni pasto e come funziona per l’erogazione a stagisti, tirocinanti e lavoratori con contratto di apprendistato.

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Buoni pasto a chi spettano? Quando l’erogazione è obbligatoria?

I buoni pasto sono un benefit aziendale volontario. L’azienda, a meno che sia obbligata da contratti individuali, sindacali o collettivi (come CNNL), non è tenuta ad erogare alcun benefit aziendale né buono pasto né welfare.
Se l’azienda decide di corrispondere ai propri dipendenti i ticket restaurant deve sapere che il buono pasto può essere erogato solo a categorie omogenee di lavoratori e ciò a prescindere dalla tipologia di contratto (full-time, part-time, turnisti, tempo indeterminato, determinato, ecc). Per saperne di più leggi qui.

Il Decreto 122 del 2017 stabilisce chiaramente che questo benefit può essere corrisposto a tutti i lavoratori subordinati, che hanno un rapporto di collaborazione ed anche i lavoratori non subordinati.

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A chi non spettano i buoni pasto?

I buoni pasto non spettano quando, per qualsiasi motivo, non c’è la giornata lavorativa. I ticket pasto sono un benefit assistenziale, cioè che serve ai lavoratori per migliorare il loro work-life balance e le loro pause durante l’orario lavorativo. Per questo motivo non può essere corrisposto quando il dipendente non è a lavoro.

Il buono pasto non può essere corrisposto a dipendenti: in ferie, in malattia, che hanno preso un permesso per la giornata intera (anche in caso di 104), in cassa integrazione, in sciopero, in aspettativa.

Buoni pasto e stage: come funziona per i tirocinanti

Nel caso degli stagisti possono essere erogati i buoni pasto? Secondo la legge lo stage, o tirocinio, non è un rapporto di lavoro. Anche se un periodo di stage è purtroppo necessario per iniziare a muovere i primi passi nel mondo del lavoro, questo non costituisce un rapporto di lavoro. Lo stage è, per lo stato italiano, un periodo di orientamento e formazione svolto in un contesto lavorativo.

Se l’azienda è obbligata, da CCNL o accordi sindacali, a corrispondere i buoni alla propria forza lavoro, tale obbligo decade per gli stagisti proprio in virtù del non rapporto di lavoro che è il tirocinio.

Buoni pasto e stage: per tale motivo uno stagista non può pretendere nessuna parità rispetto al trattamento economico previsto per i propri colleghi assunti con contratto di lavoro (a prescindere dalla tipologia). In pratica, anche se al resto della forza lavoro vengono erogati i buoni pasto, lo stagista o il tirocinante non sono tenuti per legge a ricevere i buoni pasto.

Ciò non toglie che l’impresa possa comunque decidere, volontariamente, di erogare anche agli stagisti i buoni pasto.

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Contratto di apprendistato buoni pasto

L’apprendistato, nel diritto del lavoro italiano, è a tutti gli effetti un contratto di lavoro. Anche se è finalizzato alla formazione professionale, l’apprendistato può considerarsi un rapporto di lavoro.

Le condizioni contrattuali sono sicuramente peggiori (minore retribuzione, minori ammortizzatori sociali e durata del contratto) ma l’apprendista riceve una formazione specifica e specializzata che gli permetterà in futuro di crescere professionalmente.

Apprendistato e buoni pasto: durante l’apprendistato se i buoni pasto vengono già corrisposti agli altri dipendenti, allora spetteranno anche agli apprendisti in virtù del proprio effettivo contratto di lavoro.

Perché erogare benefit aziendali ai lavoratori più giovani: apprendistato, stage e buoni pasto

Per i lavoratori giovani alle prime armi, i buoni pasto possono essere un sostegno importante al reddito. Con la retribuzione stage o apprendistato molte persone si trovano in difficoltà anche solo per fare la spesa o per mangiare in pausa pranzo. Per tale motivo un’azienda che assume con queste tipologie di contratto può contribuire al benessere dei propri giovani talenti erogandogli i buoni pasto.

I buoni pasto sono inoltre un’ottima soluzione per fare employer branding e per la talent retention. Dei dipendenti più soddisfatti resteranno più volentieri in azienda e si impegneranno di più nel loro lavoro. Non solo, parleranno bene del loro posto di lavoro e ciò migliorerà notevolmente sia la brand awareness che l’immagine aziendale. Leggi qui per scoprire tutti i vantaggi di investire nel well being aziendale.

Buoni pasto part time: quando si ha diritto ai buoni pasto?

Buoni pasto part time: quando si ha diritto ai buoni pasto?

Si ha diritto ai buoni pasto se si è dipendenti part time: come funziona la normativa

I buoni pasto sono il benefit aziendale più diffuso in Italia. Circa 2.6 milioni di lavoratori li utilizza. Il buono pasto è un ticket cumulabile (fino a 8 al giorno) e defiscalizzato che permette a chi lo riceve di acquistare generi alimentari e pasti pronti. Erogare questo benefit per le aziende significa aiutare concretamente i propri dipendenti a riequilibrare il loro work-life balance.
Ma i buoni pasto spettano a tutti i dipendenti? In questo articolo esploreremo nel dettaglio la relazione buoni pasto part time: cioè se i buoni pasto possono essere corrisposti anche ai lavoratori con un orario part time.

Per sapere tutta la buoni pasto normativa leggi qui.

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Buoni pasto come funzionano

Il ticket pasto rientra nella categoria dei benefit aziendali ed è, a pieno titolo, un’agevolazione di carattere assistenziale. Ciò perché aiuta il dipendente che lo riceve a conciliare la vita lavorativa con le esigenze quotidiane come l’alimentazione. I buoni pasto sono un ottimo benefit da erogare perché aiutano a garantire un buon livello di benessere psico-fisico del lavoratore. Dei lavoratori meno stressati avranno performace migliori e questo è solo uno dei motivi per cui ogni azienda dovrebbe corrispondere alla propria forza lavoro i ticket pasto. Clicca qui per saperne di più.

A chi spettano i buoni pasto

I buoni pasto spettano a tutti i lavoratori subordinati e ai lavoratori non subordinati come, ad esempio, i collaboratori esterni. I possessori di P.IVA possono acquistare i buoni pasto per la propria attività ma solo in caso siano a regime ordinario. Per tutta la normativa buoni pasto e P.IVA leggi qui.

Un’azienda per erogare ai propri dipendenti i buoni pasto elettronici, cartacei o digitali deve tenere a mente solo due vincoli:

  • I lavoratori a cui si vogliono corrispondere i buoni pasti devono avere un contratto;
  • I buoni pasti devono essere corrisposti a tutti i lavoratori o in alternativa a categorie omogenee.

 Ciò ovviamente non significa che l’azienda sia obbligata ad erogarli. Ricordiamo che l’erogazione dei buoni pasto, a meno che non sia vincolata da un accordo individuale, sindacale o collettivo, è su base volontaria.

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Buoni pasto part time: contratto part time e buoni pasto

Buoni pasto part time: non esiste nessuna limitazione per cui i buoni pasto non possano essere erogati anche ai dipendenti part time. Il diritto ai buoni pasto vincolato dalla presenza di un contratto e dalla sua erogazione a categorie omogenee. Nello specifico poi è vincolato alla pausa pranzo, cioè ad un intervallo non lavorato e tutti coloro assunto con contratto part time, essendo di minimo 6 ore giornaliere, ne ha diritto.

Dunque, tutti coloro assunti in part-time che hanno almeno una pausa compresa nel loro contratto o che non riescono a tornare alla propria abitazione per gli orari dei pasti principali hanno diritto ai buoni pasto.

Buoni pasto part time: part time 6 ore buoni pasto

Non sussiste nessuna incompatibilità tra buono pasto e part time. Anche chi lavora solo mezza giornata ha la possibilità di ricevere i buoni pasto e generalmente non esiste un orario minimo per avere diritto ai ticket restaurant. L’unica fonte da controllare è il CCNL di riferimento. In alcuni casi, infatti, i buoni pasto hanno un orario minimo che può variare dalle 8 alle 6 ore giornaliere.

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Buono pasto: quando non spetta questo benefit

Non tutti però hanno diritto ai buoni pasto. Ecco a chi non spettano i buoni pasto:

  • Lavoratori in cassa integrazione;
  • Lavoratori in ferie o con permesso che dura tutta la giornata (che se si è in possesso della 104);
  • Lavoratori in malattia;
  • Lavoratori in sciopero;
  • Lavoratori in aspettativa.

Nel momento in cui la persona non assolve la sua “giornata lavorativa” allora il benefit buono pasto perde la sua funzione assistenzialistica e dunque non può essere corrisposto. Se l’azienda decide comunque di erogarlo anche nei suddetti casi allora, il costo dei buoni pasto sostenuto dall’azienda concorrerà interamente alla formazione di reddito da lavoro dipendente.

Pausa pranzo in smart working: come gestirla al meglio

Pausa pranzo in smart working: come gestirla al meglio

Buoni pasto, food delivery e flessibilità: ecco i trend della pausa pranzo in smart working

La modalità di lavoro da remoto, o smart working, si è diffusa per necessità ma, ad oggi, sono in molti quelli che non vorrebbero rinunciarvi anche dopo la fine dello stato di emergenza. I vantaggi per lavoratori e aziende sono molti: maggiore flessibilità, migliore work-life balance, meno tempo e denaro spesi nel tragitto casa-lavoro e migliori performance. Nonostante ci siano anche dei lati negativi, come le minori occasioni di socializzazione con i colleghi, la maggior parte dei lavoratori vorrebbe continuare, almeno per qualche giorno a settimana, a lavorare da casa.

Ma in questo contesto come si inserisce la tradizionale pausa pranzo? Anche i momenti di pausa infatti sono radicalmente cambiati e le persone hanno acquisito nuove abitudini e nuove tendenze. In questo articolo vedremo il ruolo dei buoni pasto, se questi possono essere corrisposti ai lavoratori in smartworking, e la nuova frontiera della pausa pranzo: il food delivery.

 

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Fine stato di emergenza e smart working: cosa cambia

La fine dello stato di emergenza legato al Covid-19 non comporterà un massivo rientro dei lavoratori negli uffici. Una modalità di lavoro obbligatoria è presto diventata un benefit irrinunciabile per molti. Anche molti direttori del personale la pensano così: secondo l’Aidp, infatti, ben il 68% di questi manager vorrebbe continuare ad utilizzare questa forma di lavoro anche dopo la fine dell’emergenza sanitaria.

Nonostante in Italia quando si parla di smart working non si intenda il lavoro agile ma il lavoro da casa, sono il risparmio sui costi di trasporto, la maggiore flessibilità e la responsabilizzazione individuale che hanno resto questa modalità di lavoro così popolare.

Per tali motivi anche il Governo si è mobilitato per rendere la normativa che regola lo smart working più snella e chiara. Il 16 Marzo, infatti, è stato approvato un disegno di legge che sostituirebbe la legge attuale approvata del 2017. Per entrare effettivamente in vigore, la nuova legge, deve ricevere il via libera del Parlamento (prevista per Maggio 2022), ma sostanzialmente le novità sono le seguenti:

  • Obbligo di un accordo individuale e conferma del ruolo della contrattazione collettiva;
  • Definizione di smart working solo se supera il 30% del tempo lavorato;
  • Assimilazione tra smart working e lavoro in ufficio;
  • Diritto alla disconnessione;
  • Incentivi per le imprese che offrono la possibilità di fare smartworking.

Come è cambiata la pausa pranzo dei lavoratori da remoto

Il lavoro agile però ha anche degli svantaggi (per saperne di più clicca qui). Tra i più impattanti troviamo l’isolamento dei lavoratori e la mancanza di separazione da ambiente domestico e lavorativo. In questo contesto si inserisce pienamente il momento della pausa pranzo. Come è cambiata e come cambierà questo momento per tutti quei lavoratori che svolgono le loro mansioni da casa?

Digitalizzazione, innovazione e flessibilità sono i capi saldi della transizione verso un nuovo modo di mangiare durante l’orario lavorativo. Ciò nonostante, la tradizione e l’italianità non possono mancare nei piatti degli italiani come afferma la ricerca di Praxidia.

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Smart working e buoni pasto: quando spettano?

Per tutti coloro che si sono trovati costretti a lavorare in smart working o che lo hanno scelto è sorta la questione dei benefit aziendali. Questi benefit possono essere corrisposti comunque ai lavoratori a casa? Come funziona con smart working e buoni pasto?

Le disposizioni sono chiare: il trattamento economico e normativo del lavoro da casa deve essere uguale a quello corrisposto per il lavoro in ufficio. Anche l’Associazione Nazionale Società Emettitrice Buoni Pasto (ANSEB) ha rimarcato che non sussiste alcuna motivazione per cui i buoni pasto non dovrebbero essere corrisposti ai dipendenti che lavorano da casa. A meno che non ci siano vincoli aziendali che ne escludano la distribuzione, il buono pasto è un benefit che va riconosciuto anche ai lavoratori agili.

Dunque, per chi aveva già prima della diffusione dello smartworking i buoni pasto continuerà a riceverli, mentre chi non li riceveva non ne avrà diritto durante il lavoro agile. Per saperne di più clicca qui.

Ma continuare a garantire ai collaboratori impiegati da casa i buoni pasto non è solo adeguamento alla normativa, ma anche una prerogativa delle aziende che mettono al primo posto il benessere dei propri lavoratori, la loro motivazione e le loro performace.

Quale è la tipologia migliore di buono pasto per chi lavora da casa?

Il tradizionale buono cartaceo è un evergreen, ma ad oggi esistono delle alternative fiscalmente più vantaggiose e decisamente più comode per i collaboratori in smartworking: il buono pasto elettronico e il buono pasto digitale. Vediamo perché.

Prima di tutto i buoni pasto elettronici e i buoni pasto digitali sono deducibili per le aziende, secondo la Legge di Bilancio 2020, entro 8€, mentre il buono pasto cartaceo è deducibile entro 4€. Oltre a ciò, è il buono pasto digitale che permette la maggiore flessibilità di utilizzo in quanto non bisogna distribuire ai dipendenti né un blocchetto con i voucher né una tessera con chip. Attraverso un portale dedicato, il buono pasto digitale è il più semplice da utilizzare e da monitorare per i dipendenti.

Food Delivery e Spesa Online: come acquistare con i buoni pasto

Per i lavoratori in smart working può essere complesso gestire la pausa pranzo in casa. Il tempo a disposizione è poco e la tentazione di acquistare pasti pronti sulle principali app di food delivery come Just Eat, Deliveroo o Glovo sono molte.

Ora, se un collaboratore non ha i buoni pasto può farlo tranquillamente come se fosse sul posto di lavoro, ma una persona con i buoni pasto può acquistare online? La risposta purtroppo è nì: solamente Just Eat lo permette. Le altre app di food delivery non permettono l’utilizzo dei buoni pasto come mezzo di pagamento. Anche per quanto riguarda la spesa online ci sono ancora dei limiti. Scopri di più in questo articolo.