Ricevere i buoni pasto durante i permessi allattamento

Ricevere i buoni pasto durante i permessi allattamento

Se l’orario giornaliero si riduce per colpa dei permessi allattamento si ha ancora diritto ai buoni pasto?

I buoni pasto sono dei benefit che le aziende possono concedere ai propri dipendenti quando non è prevista una mensa aziendale interna o un’indennità sostitutiva di mensa. I buoni pasto sono infatti dei ticket dal valore prestabilito utilizzabili per acquistare pasti pronti o generi alimentari in bar, supermercati, ristoranti e altri esercenti convenzionati. L’erogazione dei buoni pasto o la fruizione della mensa aziendale sono vincolati ad un minimo di ore lavorate, 6 ore, e al godimento di una pausa in cui consumare uno dei pasti principali.

Dunque, una lavoratrice che usufruisce dei permessi allattamento nel primo anno di vita di suo figlio ha comunque diritto ai ticket restaurant? Sì, ma a patto che il suo orario di lavoro effettivo, quindi senza contare i permessi allattamento, sia uguale o superiore a 6 ore.

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Permessi allattamento: cosa sono e quanto durano

Nel corso del primo anno di vita, la madre lavoratrice ha il diritto di richiedere dei periodi, chiamati permessi per allattamento. Durante queste ore la lavoratrice può allontanarsi dall’ufficio per prendersi cura del neonato.

Secondo la normativa, la durata del permesso allattamento è di:

  • 2 ore, consecutive o spezzate, se l’orario lavorativo giornaliero è pari o superiore a 6 ore. Nell’eventualità in cui la lavoratrice usufruisca di un asilo aziendale o una struttura nelle vicinanze del posto di lavoro, allora il periodo di riposo sarà solo di 1 ora.
  • 1 ora, consecutiva o spezzata, se l’orario di lavoro giornaliero è inferiore a 6 ore. Nel caso in cui la lavoratrice si avvalga di un asilo aziendale o di una struttura nelle vicinanze del posto di lavoro, allora il periodo di riposo diventa di mezz’ora.
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Permessi per allattare: quando spettano ai padri?

Ma i permessi allattamento possono anche essere riconosciuti ai padri, come specificato nell’art. 40 del D.L.vo n. 151/2001 in alcuni casi particolari:

  • Quando il neonato è affidato solo al padre;
  • Se la madre lavoratrice non se ne avvale;
  • In caso di morte della madre o di grave infermità;
  • Se la madre non è una lavoratrice dipendente, cioè nel caso in cui non svolga nessuna attività o svolga un’attività non retribuita da terzi. Inoltre deve essere oggettivamente impossibilitata ad attendere alle cure del neonato per ragioni documentabili.

Ricordiamo infine che i riposi per allattamento sono un diritto e sono completamente retribuiti. Per usufruirne, la lavoratrice deve necessariamente presentare una domanda al proprio datore di lavoro o al team hr dell’azienda in cui lavora.

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Buoni pasto e permessi per allattamento: quando sono compatibili?

Le lavoratrici che normalmente ricevono i buoni pasto dalla propria azienda hanno diritto a riceverli anche se usufruiscono dei permessi allattamento? La questione è stata affrontata nella sentenza 31137 del 2019 dalla corte di cassazione. La corte ha stabilito che i buoni pasto possono comunque essere erogati alle dipendenti che si prendono i permessi allattamento. CIò però a patto che l’orario lavorativo giornaliero sia superiore a 6 ore e che nel conteggio siano escluse le ore di permesso.

I ticket pasto sono un benefit, un’agevolazione assistenziale, che garantisce un migliore work-life balance e la fruizione di un pasto sano e veloce. Per questo motivo la sua erogazione è strettamente collegata sia all’esercizio di un minimo di ore lavorative sia alla fruizione di una pausa in cui si può consumare un pasto.

Notiamo che per alcune categorie di lavoratrici i requisiti per accedere ai buoni pasto possono differire. Per sapere se si ha diritto ai buoni pasto anche se si usufruisce dei permessi allattamento è necessario sempre controllare le condizioni previste dal CCNL di riferimento.

Clicca qui per maggiori informazioni sui buoni pasto in maternità, durante la paternità o in congedo parentale.

Buoni Pasto Normativa

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Cosa dice la normativa sulla deducibilità e sulla detrazione fiscale dei buoni pasto

Quando le aziende non dispongono di una mensa, la maggior parte decide di erogare i buoni pasto ai propri dipendenti. I buoni pasto sono infatti uno dei benefit più diffusi nelle aziende, ma possono rivelarsi molto utili anche per ditte individuali e liberi professionisti grazie alla normativa buoni pasto che risulta essere veramente vantaggiosa.

Quando le aziende non dispongono di una mensa, la maggior parte decide di erogare i buoni pasto ai propri dipendenti. I buoni pasto sono infatti uno dei benefit più diffusi nelle aziende, ma possono rivelarsi molto utili anche per ditte individuali e liberi professionisti grazie alla normativa buoni pasto che risulta essere veramente vantaggiosa.

Scopriamo insieme la normativa fiscale e le regole per la deducibilità dei buoni pasto per aziende, ditte individuali e liberi professionisti.

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Buoni pasto normativa: cosa sono i buoni pasto

I buoni pasto sono dei benefit che o vengono erogati dalle aziende ai propri dipendenti oppure vengono acquistati dalle ditte individuali e liberi professionisti per il loro business.

Essendo considerati un’integrazione al reddito e non parte di esso, i ticket restaurant rientrano nella categoria dei flexible benefit. Tale classificazione rende i buoni pasto una soluzione estremamente vantaggiosa da punto di vista fiscale.

Buoni pasto normativa in vigore

La tassazione dei buoni pasto viene regolata dalle seguenti normative e leggi:

  • L’articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (T.U.I.R.): regola il tetto massimo di esenzione dei buoni pasto.
  • Il Decreto numero 122 del 7 giugno 2017: stabilisce quali categorie di lavoratori possono ricevere i buoni pasto, chi può erogarli e stabilisce le differenze tra buono pasto elettronico e cartaceo. Inoltre regola la relazione tra gli esercizi commerciali e i fornitori di buoni pasto.
  • I CCNL (Contratti collettivi nazionali del lavoro): legiferano sull’obbligatorietà o meno dei buoni pasto per alcune categorie di lavoratori.
Notiamo due cose rispetto a queste tre normative:

  • Sono state redatte principalmente per le imprese, infatti valgono e sono applicabili ad ogni tipo di azienda anche a prescindere dalla loro dimensione. Alcune eccezioni però possono valere per imprese individuali e persone con p.iva. Ad esempio per le p.iva a regime forfettario i buoni pasto non sono deducibili. Per sapere di più: “Buoni pasto per i titolari di P.IVA: convengono davvero?”.
  • Ogni anno ci possono essere modifiche applicate alle suddette normative che modificano le soglie di esenzione o ne estendono l’uso.

Buoni pasto normativa: Caratteristiche fiscali e non

Nell’Articolo 2 del Decreto numero 122 del 2017 viene dettagliatamente definito il concetto di buono pasto. Secondo la legge italiana il buono pasto è il documento che legittima il titolare a ricevere servizi di sostituzione di mensa per il valore riportato sul buono. Inoltre tale documento prova l’avvenuta prestazione dell’esercizio convenzionato ai fornitori che emettono i buoni pasto.

 

Nell’Articolo 4 dello stesso Decreto invece vengono elencate le caratteristiche che necessariamente un buono pasto deve avere per essere tale:

 

  1. Devono provare l’avvenuta prestazione del servizio sostitutivo di mensa (somministrazione di alimenti e bevande).
  2. Devono essere utilizzati esclusivamente dai lavoratori subordinati o anche con un rapporto di collaborazione non subordinato. Sia che questi siano a tempo piano che a tempo parziale. Inoltre sono erogabili anche in caso l’orario di lavoro non comprenda la pausa pranzo.
  3. Non sono cedibili a terzi.
  4. Sono utilizzabili sono per l’interezza del loro valore.
  5. Cumulabili fino ad 8 buoni.
  6. Non sono commercializzabili.
  7. Non sono convertibili in denaro.
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Buoni pasto normativa: A chi spettano i buoni pasto

Seguendo i decreti e le normative elencate nel paragrafo precedente, i buoni pasto non sono obbligatori. Ciò significa che le aziende, a meno che non sia stabilito diversamente nel CCNL di riferimento, non sono obbligate ad erogare buoni pasto ai propri dipendenti.

In caso però il CCNL di riferimento lo imponga o il datore voglia farlo, i buoni pasto possono essere erogati a tutta la forza lavoro assunta sia a tempo determinato che indeterminato, sia full time che part time. L’aspetto imprescindibile per l’erogazione è ovviamente la presenza di un contratto di lavoro regolare. Se il datore di lavoro volesse erogare i buoni pasto solo ad una parte della propria forza lavoro, bisogna che questa parte di lavoratori sia in qualche modo omogena.

Un’altra domanda comune è se i buoni pasto possono essere erogati anche quando l’orario di lavoro non prevede l’orario della pausa pranzo. La risposta è certamente possono essere erogati, anche se bisogna prestare attenzione all’unica eccezione: i dipendenti part-time. Infatti per erogare buoni pasto ad un dipendente in part-time, bisogna che il suo orario lavorativo comprenda i principali pasti o che la distanza casa-lavoro non permetta al dipendente di rincasare in tempo per i pasti.

Buoni pasto normativa: deducibilità fiscale 2021

Ogni anno gli enti governativi possono modificare le norme riguardanti i buoni pasto attraverso le Leggi di Bilancio. Nel 2021, a seguito delle modifiche della Legge di Bilancio del 2020 troviamo che:

1) La soglia di esenzione dei buoni pasto è stata raddoppiata da 258,13€ a 516,46€.

2) La soglia della deducibilità dei buoni pasto elettronici è stata aumentata da 7€ a 8€.

3) La soglia della deducibilità dei buoni pasto cartacei è stata diminuita da 5,29€ a 4€.

Tali nuove disposizioni vanno nella direzione di incentivare l’utilizzo dei buoni pasto e di incentivare soprattutto l’utilizzo di quelli elettronici. Per sapere di più sull’argomento “Buoni pasto elettronici: la normativa del pos unico”.